serie a

Focus: Anima e Corini, luci psichedeliche sotto la Lanterna.

18-12-2016: GENOVA, GENOA-PALERMO CAMPIONATO SERIE A TIM 2016-2017 
Esultanza Palermo

Successo entusiasmante, dall'inestimabile valore psicologico. Errori e limiti permangono evidenti ma emerge finalmente un'anima viva e pulsante. Bravo Corini nella gestione tattica ma soprattutto nel toccare le corde giuste sul piano nervoso e...

Mediagol2

di  Leandro Ficarra

Avvio da incubo, finale da apoteosi. In mezzo una sequenza compulsiva di emozioni random. Luci psichedeliche sotto la Lanterna. Il destro chirurgico di Trajkovski è il lampo tranciante. Bagliore che spiazza e scalda, imperlando una di quelle pagine che solo il romanzo del calcio può scrivere. Sceneggiature argute, tormentate, avvincenti. Mistura di pathos, stati d’animo, valori tecnici e morali. Altalena bizzarra di accadimenti e sussulti. Fiera di attimi e centimetri. Ora sei Davide, ora Golia. Materia liquida, il cui folle dimenarsi nel cuore della gente sfugge al rigor di logica, rifugiandosi nella magia del fato.

Il cronometro di Marassi flirta beffardo con il rosa ed il nero. Cristallizza i momenti, indirizza il percorso. Stilettate blucerchiate preludio di tempesta. Scorci di chiarore dal cuore ferito del grifone.

Al “Ferraris” è iniziato un calvario calcistico per  il Palermo di De Zerbi. Lo stesso magnetico stadio potrebbe aver battezzato l’alba di un nuovo corso. Palermo tutto anima e Corini.

Pirotecnica, illogica, trascinante e controversa. Quattro partite al prezzo di una. Genoa e Palermo hanno partorito una gara intensa e vibrante. Tecnicamente imperfetta, tatticamente scriteriata. Foga ed istinto prevalgono su ogni sorta di raziocinio. Guerra di nervi, di impulsi. Fiato, gambe, cuore. Qualche gemma balistica ad impreziosire la rude contesa. Errori ed orrori, insiti nella vistosità del punteggio.

Il Genoa l’ha persa quando ha creduto di averla vinta. Pervaso da uno sciagurato vezzo narciso ha preteso di stritolare l’avversario agonizzante. Smarrendo tensione e distanze tra i reparti. Giocando con la linea difensiva a metà campo, attaccando con sette effettivi oltre la linea della palla. Seppur avanti di due gol ad un quarto d’ora dal termine. Esterni altissimi ed interni che si buttavano dentro sgretolando densità e compattezza in fase di non possesso. Integralismo tattico? Arroganza? Sottovalutazione dell’avversario? Comunque scelta suicida che ha concesso interspazi tra le linee e profondità ad un Palermo finalmente animato da sacro furore.

Prova della compagine di Corini da libro cuore. Poco di nuovo sotto il sole sul piano tattico e tecnico. Soliti limiti, collettivi ed individuali, in termini di contenuti e qualità. Passi da gigante sul piano mentale, caratteriale e nervoso. Rivoluzione radicale in merito alla filosofia di gioco. Via lo smoking per la tuta da lavoro. Calcio essenziale, tignoso e pragmatico. Copertura, densità, intensità. Corsa e lotta. Bandito il fraseggio orizzontale ed articolato. Linearità e verticalità nella costruzione della manovra.  Non è possibile avvolgere e dominare sul piano del gioco e del palleggio certi avversari. Vanno aggrediti, arginati e rapidamente infilzati. Cercando quanto prima la profondità anche sul lungo. Accompagnando con intermedi e trequartisti, sovrapponendo gli esterni con parsimonia e giudizio.

Primi dieci minuti presagio di un tracollo. Il piccolo Simeone bruciava la linea difensiva rosa paralizzata nel tempo e nello spazio. Ritmo, fluidità e qualità della banda Juric sembravano troppa, tanta, roba. Rigoni e Ninkovic mandavano in tilt i meccanismi difensivi di Corini, Laxalt e Lazovic imperversavano sulle corsie. Simeone era illeggibile per Goldaniga e soci nel suo moto funzionale e perpetuo. Il raddoppio era nell’aria. Per fortuna lì è rimasto.

Passata la bufera, il Palermo ha saputo resettarsi. Mentalmente e sul piano tattico. Ha alzato il baricentro e la vis agonistica in zona nevralgica. Vincendo qualche tackles, sviluppando le sue trame. Niente di trascendentale. Qualche percussione di Bruno Henrique, intraprendente ed operoso tra le linee, un paio di sponde dell’inesauribile Nestorovski, qualche sortita esterna del duo Aleesami-Rispoli.  Segnali di voglia e presenza. Premiati dal pregevole pari firmato da Quaison. Concreto e volitivo. Finalmente.

Progressi sul piano della tenuta mentale e nervosa emergono nitidi nella ripresa. Dopo un ottimo avvio con tanto di chance sprecata da Nestorovski, ennesimo vagito di talento del Cholito. Stacco e torsione aerea superba, Goldaniga ancora rivedibile. Neanche il tempo di disperarsi, che il puntero argentino mette sulla testa di Ninkovic la sfera del tris. Travolto, nel punteggio e dagli eventi, l’undici di Corini è riuscito in un piccolo miracolo sportivo. Commutare delusione, scoramento e frustrazione in energia. Rabbia ed ardore. Venti minuti per urlare all’orbita calcio che i piedi non saranno eccelsi, salvo rare eccezioni, ma dignità, orgoglio e dedizione non difettano. Diamanti va dentro e pennella sulla testa di Goldaniga la parabola della speranza. Simeone gli ha mostrato le streghe, lui vola in alto a scacciarle.

Hiljemark rileva Jajalo, Trajkovski Cionek. Corini rompe gli indugi e conia uno spregiudicato 4-2-3-1. Gazzi fa gli straordinari. Intensità e voracità agonistica di questo soffio di partita costituiscono spettacolo inedito in stagione. Diamanti ispira, gli esterni spingono, Nestorovski è riferimento onnipresente, Quaison e Trajkovski  girano attorno. Andelkovic sale in cielo, Rispoli corregge in rete la sua preghiera.

Il pari è un’impresa. Il sorpasso un tripudio. Diamanti pizzica e borseggia una palla in mezzo al campo, Nestorovski va in fuga per la vittoria. Scorge l’amico Trajkovski,  lo cerca, lo trova. Un calcio alle sofferenze trasversali di tre mesi sportivamente devastanti.  Nell’abbraccio finale è finalmente ben visibile l’anima di questa squadra. Affiorata a Firenze, si era dissolta contro il Chievo. Pulsa forte sul prato di Marassi. Per  tornare a crederci non bisogna più smarrirla. Ripetersi contro il Pescara sarebbe il miglior regalo da trovare sotto l’albero. In attesa del mercato.

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