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SIGNORI, SI GIOCA A CALCIOTUTTI I SEGRETI DEL GASPALERMO

di Leandro Ficarra A Marassi, al cospetto del Genoa, è andato in scena il quarto atto del Palermo versione Gasperini. Quattro le gare fin qui disputate dai rosanero con il tecnico di.

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di Leandro Ficarra A Marassi, al cospetto del Genoa, è andato in scena il quarto atto del Palermo versione Gasperini. Quattro le gare fin qui disputate dai rosanero con il tecnico di Grugliasco alla guida. Un lasso di tempo calcisticamente breve, non certo sufficiente ad emettere giudizi categorici sulla reale valenza di un progetto tattico. Ciò nonostante, emerge nitida dal responso insindacabile del rettangolo verde una piacevole verità: il Palermo ha iniziato a giocare a calcio. Nell’accezione più costruttiva e nobile del termine. Non ce ne voglia Sannino, ma la svolta impressa da Gasperini nel giro di una quindicina di giorni è fin troppo evidente. Una svolta totale: tattica, psicologica, concettuale. Una metamorfosi talmente repentina e radicale da apparire sospetta. Poiché, pur magnificando la bontà del lavoro del Gasp, il dubbio che la squadra non fosse ben disposta rispetto ai metodi ed al credo calcistico del suo predecessore rasenta ormai la certezza. Legittimando di fatto il provvedimento tranciante del patron Zamparini che, in barba alla pazienza ed al raziocinio, aveva captato in anticipo l’assenza di segnale tra Sannino ed il gruppo. Il fervido istinto del presidente non sempre lo tradisce, a volte lo illumina. Lo testimonia la storia del suo decennio in rosanero costellata da errori marchiani e geniali intuizioni. Dieci anni gloriosi, a tratti controversi, in cui l’imprenditore friulano ha collezionato consensi e critiche, creando diverse correnti di pensiero tra il pubblico in merito alla sua politica gestionale. Politica nel complesso ineccepibile per meriti sportivi ed oculatezza amministrativa, discutibile ed a tratti incauta sul piano della comunicazione e del rapporto con la città. In sintesi: a prescindere dai capitali investiti e dal livello degli obiettivi, una dialettica più trasparente e meno teatrale al fine di motivare alcune scelte infelici sarebbe certamente stata meglio assorbita dalla piazza. Piazza che, dall’alto della maturità dimostrata, avrebbe serenamente digerito anche l’oggettivo ridimensionamento tecnico se illustrato con inequivocabile chiarezza. Al netto di criptiche evoluzioni verbali ed uscite al limite del paradosso. Perché anche nell’intensità del dissenso, risiede l’amore infinito del pubblico per questa squadra, basterebbe pochissimo per riaccenderlo concretamente. Pietro Lo Monaco , da uomo e dirigente capace e navigato, ha subito focalizzato il fardello che tarpa le ali all’ambiente. Obiettivo primario: riconquistare la gente. Coinvolgerla, stimolarne il senso di appartenenza, in modo spicciolo e diretto, toccando i giusti codici d’ingresso, rendendola partecipe di un chiaro embrione di progetto. Al nuovo amministratore delegato rosanero, nell’auspicio che presto i propositi siano suffragati dai fatti, auguriamo buon lavoro. Certi, ci sbilanciamo, che l’auspicio sia molto ben riposto. Tornando alla svolta sul campo, ci piace molto il Palermo di Gasp. Organizzazione, identità tattica, tracce di gioco ben definite. Una mentalità nuova, audace, propositiva, votata a tessere calcio ed a far male all’avversario. Anche a costo di prendersi qualche rischio. Un’anima calcistica di Rossiana memoria, che rievoca dolci ricordi. Proprio il tecnico di Rimini pochi giorni fa, in un’intervista concessa al nostro portale, ha rimarcato un concetto: se integrate in modo organizzato e supportate da un gioco codificato, anche individualità non eccelse possono ben figurare in un contesto di squadra. Prendete Morganella e Garcia: non sono certo diventati dei fenomeni nel giro di poche settimane. Due ragazzi encomiabili sul piano dell’applicazione, della disciplina tattica, della corsa. Acerbi e oggettivamente lacunosi sul piano tecnico. Dall’avvento del Gasp il loro rendimento è progressivamente cresciuto. Fino alla prova disputata contro il Genoa, dove hanno bruciato le rispettive corsie, risultando tra i migliori dei rosa. Partendo come esterni alti fanno valere la loro dote migliore in fase di spinta: la corsa. La possibilità di dialogare con i due trequartisti gli consente di arrivare sul fondo con semplici uno-due, sovrapponendosi con i tempi giusti ed attaccando lo spazio senza azzardare dribbling che non rientrano nel loro repertorio. Un riferimento preciso al tuo fianco ti permette di giocare la palla facile, con appoggi brevi che mascherano le tue magagne balistiche. Contro il Genoa, le catene di gioco sulle corsie, Garcia-Ilicic sulla sinistra e Morganella-Giorgi sul lato opposto, sono state determinanti ai fini della buona prestazione dei rosa. Lo stesso concetto vale per altri calciatori. Una linea difensiva più alta, capace di accorciare con i tempi giusti, esalta anticipo e forza esplosiva di giocatori come Munoz e Von Bergen, riducendo la presenza nella propria area che ne denuncia i limiti in sede di marcatura. Donati, schierato centrale, con tutti i rischi del caso, conferisce grande qualità alla partenza dell’azione, permette di uscire in maniera pulita dal pressing alto avversario, sgravando Barreto e Rios da compiti di impostazione che non gli competono. Lex Bari non ha certo movimenti da difensore e soffre spesso sull’uomo e nel gioco aereo, ma la fluidità che garantisce alla sorgente della manovra è un grande valore aggiunto. I due mastini possono così far legna e una volta recuperata la sfera, scaricare facile, sugli esterni che accompagnano o sui trequartisti che vengono incontro. Ilicic gioca con piglio diverso, mette il talento al servizio della causa e ripiega regolarmente in fase di non possesso. Gli manca ancora un po’ di cattiveria sportiva nell’ultima giocata ma è in netta crescita. Per non parlare di Giorgi, vero ago della bilancia, corsa, intelligenza tattica e discreta qualità. Arrivato tra scetticismo ed ironie di ogni tipo, è di fatto colui che trasforma l’azione da difensiva in offensiva. Giorgi è stata un’idea di mercato dell’ex Dg Perinetti, così come Von Bergen. Giusto assegnare la paternità delle scelte, nella buona e cattiva sorte, per correttezza ed onestà intellettuale. Morale della favola: un impianto di gioco logico e definito ha un benefico effetto domino sul rendimento dei singoli che, in presenza di limiti oggettivi, si perdono se costretti a recitare a soggetto. Trovata l’ampiezza, manca un po’ di profondità alla manovra, in attesa(infinita)di Abel,e di scoprire Dybala. In attesa di più solide conferme, un plauso a Gian Piero Gasperini. Ha dato un gioco a questo gruppo, sulla scorta del quale, è cresciuta consapevolezza ed autostima. Il 3-4-2-1 del Gasp ha conferito equilibrio ed al contempo incisività al Palermo, attenuandone i limiti strutturali. Baricentro alzato di venti metri, pressing alto, reparti corti e lineare circolazione di palla. Una partecipazione corale alle due fasi, un fraseggio armonioso e ragionato, a tratti gradevole. Utopia pura fino a qualche settimana fa. Quando si attacca in maniera organica, con almeno sette uomini che contribuiscono ad imbastire la fase offensiva, è più facile fare calcio ed impensierire l’avversario. Poco importa se si corre qualche rischio, quando vengono fuori prove audaci e gagliarde come quella contro il grifone. Questa è la squadra che piace alla gente, che può anche perdere ma guarda in faccia l’avversario. Incassa, ma all’occorrenza colpisce, ribatte colpo su colpo. Perché non si può sempre e soltanto sperare nelle mirabilie balistiche di Fabrizio Miccoli, straordinario campione e grande capitano di questo gruppo. La classifica non sorride ancora, e non bisogna perdere di vista l’unico obiettivo credibile che ha in questo momento la squadra rosanero, ovvero la salvezza. Quanto visto nelle ultime settimane autorizza un minimo di serenità in più. Sperando che Gasp dia sempre più forma e colore al suo mosaico e Lo Monaco provveda ad impreziosirlo a gennaio con l’innesto di qualche mirato tassello.