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QUANDO DAL VIVAIO NASCEVANO I PICCIOTTIDOVE SONO ORA I PALERMITANI? ECCO COME TORNARE CANTERA

Di Calogero Fazio.

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Di Calogero Fazio

QUANDO IL PALERMO ERA DEI PICCIOTTI – Forse in pochi ricordano il Palermo dei Picciotti di Ignazio Arcoleo. Quella squadra che nell’ormai lontano campionato di Serie B 1995/96 fece di necessità virtù cercando di promuovere in organico uno stuolo di ragazzini Made in Palermo provenienti dalle giovanili. Motivo dominante di quella stagione, anche a causa delle molteplici difficoltà economiche in cui versava il Palermo dell’ex presidente Giovanni Ferrara, fu puntare sulla palermitanità e sul senso di appartenenza alla maglia rosa. Uno degli aneddoti più interessanti racconta di come il tecnico Arcoleo abbia rinunciato alle proprie ferie per passare buona parte della sua estate in campo con i ragazzini a valutare la loro preparazione e spiegargli come si diventa professionisti. Da quella Primavera di giovanotti terribili spiccarono il volo tanti giocatori importanti. Giacomo Tedesco, Alessandro Parisi, Giorgio Lucenti, Giovanni Di Somma, Vincenzo Sicignano, giusto per citarne alcuni tra i più rappresentativi. A questi si aggiunse gente che aveva cuore e sangue rosanero come Tanino Vasari, Ciccio Galeoto e Peppe Compagno. Il risultato non poteva che essere uno soltanto: ogni domenica questa squadra lottava fino allo stremo delle forze e riusciva a sopperire alle lacune tecniche e d’esperienza con la voglia di emergere e l’attaccamento alla maglia. Un gruppo tanto agguerrito e votato alla causa che ricordava quei soldati che preferiscono morire pur di non deporre le armi di fronte al nemico. I risultati non tardarono ad arrivare. Già alla prima uscita i Palermitani si imposero 3-0 sul Parma in Coppa Italia, nelle splendida cornice della “Favorita” stracolma di gente in visibilio. Una squadra che riuscì, seppure per non più di qualche giornata, ad occupare il primo posto della classifica di B. I rosa quel campionato lo conclusero settimi, ma si tolsero più di una soddisfazione. Quell’anno il Palermo fu l’ultima squadra d’Italia a perdere in campionato (soltanto alla 12ª giornata di Serie B a Marassi con il Genoa neoretrocesso). I Picciotti arrivarono fino ai quarti di finale di Coppa Italia, inchinandosi soltanto alla Fiorentina di Toldo, Rui Costa, Batistuta e all’arbitro Stafoggia, non senza lottare nella speranza di sovvertire un pronostico già scritto.

ADESSO È IL PALERMO DEGLI STRANIERI – Facciamo un salto in avanti e proviamo ad analizzare l’attuale situazione della Primavera rosa e dei componenti della prima squadra coltivati nel settore giovanile. Il Palermo è una squadra molto giovane, eppure sono pochissimi i palermitani ad aver esordito nell’ultimo decennio. È ritenuto più conveniente “pescare” giovani sudamericani, spesso già svezzati e sicuramente più pronti all’impiego in prima squadra rispetto ai giovanotti di casa nostra. Così anche i migliori talenti del vivaio non riescono a fare il salto in prima squadra e vengono dirottati un po’ qua e un po’ là nelle serie minori.

UN FUTURO DA CANTERA – Il progetto del nuovo direttore generale del Palermo, Pietro Lo Monaco, che traspariva già nelle dichiarazioni di intenti di Perinetti, prevede la costruzione di un centro sportivo all’avanguardia, in grado ospitare e fare allenare nella stessa struttura sia la prima squadra che la Primavera e le altre formazioni giovanili. Ciò potrebbe favorire la crescita delle giovani promesse del club che avrebbero l’opportunità di “rubare” i trucchi del mestiere ai colleghi più anziani e navigati e sarebbero tenuti sotto continua osservazione dallo staff tecnico del club. A questo potrebbe e dovrebbe aggiungersi la partnership con una cosiddetta società satellite (che per motivi logistici forse sarebbe preferibile fosse siciliana) in cui far crescere e tenere d’occhio le giovani leve. Sempre meglio che dirottare ragazzini in giro per l’Italia sperando in un minutaggio che quasi sempre non arriva. Solo tramite una programmazione capillare si può ambire a far crescere dei giovani, ma occorre serenità e diligenza. Il nuovo corso rosanero sembra voler sposare un progetto di sicilianità. Lo stesso Lo Monaco va fiero del suo essere “terrone” e uomo del Sud. E chissà che nel breve termine il Palermo non possa sfoggiare una “Cantera” tutta sua, con giocatori nati e cresciuti in Sicilia e con i colori rosanero nel cuore. Non c’è bisogno di essere catalani per trovarsi in squadra prodotti autoctoni come succede al Barcellona. L’Atalanta dell’anno scorso aveva nel proprio organico il portiere titolare Consigli, gli esperti Bellini, Capelli e Raimondi e le stelline Gabbiadini, Padoin e Bonaventura tutti nel giro della formazione titolare e tutti cresciuti nei campi di Zingonia. Sono forse i giovani bergamaschi più talentuosi dei palermitani? Una società come il Palermo ha il dovere di credere nei suoi giovani, a costo di sacrificare di tanto in tanto qualche plusvalenza o qualche risultato, magari si rivelerà una scelta eccellente. Un po’ come quella di Arcoleo in quella calda estate del 1995.