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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ Pinilla, un gladiatore in mezzo a una squadra spenta

"Pensieri e parole in libertà", la rubrica del giornalista-tifoso del Palermo e scrittore Benvenuto Caminiti dopo la sconfitta per 1-0 dei rosanero in casa dellAtalanta. di Benvenuto Caminiti.

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"Pensieri e parole in libertà", la rubrica del giornalista-tifoso del Palermo e scrittore Benvenuto Caminiti dopo la sconfitta per 1-0 dei rosanero in casa dellAtalanta. di Benvenuto Caminiti Quanta acqua, ragazzi, sul prato dello “Stadio Azzurri d’Italia” di Bergamo! Tanta di quell’acqua da affogare le belle speranze del Palermo, sceso in campo col piglio di chi vuol fare un solo boccone dell’avversario per finire poi come un pulcino bagnato! Troppa acqua e tutta in una volta: noi siculi non ci siamo abituati e, con noi, i nostri giocatori, che, tra uno scivolone e l’altro, hanno fatto ridere i polli. E, soprattutto, hanno dato più forza e coraggio ai tifosi atalantini, che non hanno smesso un solo istante di spingere la propria squadra verso la vittoria. Ottenuta, diciamolo forte e chiaro, meritatamente, anche se l’Atalanta ha fatto un solo tiro in porta. E neppure imparabile, sol che a difesa della rete ci fosse stato uno più reattivo del greco Tzorvas, che invece si è fatta passare la palla tra le gambe. Acqua, dicevo, acqua a catinelle, che ad un certo punto ha costretto il mite arbitro di Chiavari, De Marco, a sospendere le ostilità e mandare tutti negli spogliatoi, in attesa che finisse di piovere. Sembrava impossibile che una tale evenienza potesse verificarsi ed invece... Di lì a venti minuti circa – mezzora al massimo – la tempesta sembrava un ricordo ed anche se il terreno di gioco continuava ad assomigliare più ad un acquitrino che ad un campo di calcio, De Marco ha ridato il via alla partita. Che è finita 1-0 per gli orobici, malgrado la rabbia di Pinilla, l’unico gladiatore rosanero ieri visto in campo. L’unico, eppure costretto una volta di più a subentrare nella ripresa ed invece doveva – e sottolineo doveva – giocare sin dal primo minuto. E tuttavia, impiego parziale di Pinilla a parte, non me la sento di muovere altri rimproveri a mister Mangia. Che ha ben guidato la sua compagine dalla panchina, ha anche fatto i cambi giusti al momento giusto, solo che non c’eravamo con la testa né con le gambe. Almeno non c’eravamo come loro, gli avversari che, invece, sembravano invasati, un po’ com’eravamo noi sette giorni fa contro l’Inter. Insomma, le motivazioni , ovvero la solita storia: chi le ha più forti vince, al di là dei valori tecnici. E l’Atalanta dell’ex Colantuono altro che se ce l’aveva le motivazioni, con quel “meno 6” di partenza in questo campionato. Bene, loro correvano, mordevano le caviglie altrui, si gettavano nella mischia, bruciavano l’erba, anche se era bagnata e scivolosa, ma lo era solo per i nostri perché loro filavano come il vento, vincevano i contrasti e picchiavano come fabbri. Come si fa in serie A specie quando c’è un divario tecnico da colmare e soprattutto quando c’è un “meno 6” da annullare. Ma, al di là della furia agonistica dei nerazzurri, non c’era poi tanto da temere per i rosa, sol che avessero scelto anch’essi la sciabola, gettando via il fioretto, inutile contro avversari così rabbiosi e su un terreno così pesante. E tuttavia, il Palermo resisteva e tentava pure di contrattaccare, allargando il gioco sulle fasce, lì c’era Alvarez, che sembrava ispirato, veloce come il vento, il suo avversario non lo vedeva neppure, uno scatto e quello era per le terre, un altro e quello gli si attaccava alla maglietta. Che disdetta, quindi, dopo una ventina di minuti dover rinunciare all’honduregno, tradito da una buca su quel terreno infame. Mangia lo sostituiva con Zahavi, né poteva fare altro, visto che Bertolo ha sì più potenza ma sicuramente meno sprint e meno inventiva. E l’israeliano, invece, non pecca certo di fantasia e, pur giocando altrove rispetto a Alvarez, sulla tre quarti può sempre offrire l’assist giusto. Insomma, che non fosse la giornata giusta si era capito presto, a cominciare, come detto, dall’infortunio di Alvarez, per proseguire con la strana abulia di Ilicic, che sembrava capitato lì per caso, quasi infastidito da tanto tramestio, e finire con la scialba prestazione di Balzaretti, sempre in ritardo su Schelotto, che gli sgusciava sempre via manco avesse lui un motorino e l’altro, il nostro “Balza” una vecchia, scassatissima bicicletta! E meno male che in difesa i due centrali chiudevano bene i varchi sennò finiva come spesso finiva l’anno scorso e pure l’altro anno ancora: con i tre canonici gol sul groppone. Ed invece, l’Atalanta si spegneva lì, dopo quel suo primo tempo furibondo e non si affacciava più nella nostra area di rigore. Anche perché nel frattempo in campo era sceso il gladiatore numero uno della partita, Pinilla, uno che in mezzora ha creato alla difesa ospite più grattacapi di quanto non abbiano saputo fare tutti i suoi compagni nell’intera partita. Ma non è bastato, perché le partite si vincono e si perdono in undici, uno solo che lotta e sputa sangue non basta, se gli altri dormicchiano e hanno le polveri bagnate. Peccato, perché partite così non si debbono perdere se si vuole avere una qualche seria ambizione. Perché, se l’avversario, al di là della furia agonistica, ha ben poco da spendere, tu Palermo, ben guidato come secondo me sei stato anche a Bergamo, partite così le devi recuperare e se le perdi vuol dire che non sei ancora una squadra, ma vivi di lampi e tuoni, di colpi d’ala e di invenzioni ed invece per vincere e durare nel calcio ci vuole ben altro. Ci vogliono organizzazione, impegno e concentrazione sempre al top. Ma una giornata grigia ci sta, specie ad inizio campionato quando i giochi sono ancora tutti da fare e l’assemblaggio di un gruppo di giocatori è solo all’inizio. Quindi, io resto ottimista, credo in Mangia, nel suo impegno certosino, nella sua idea di calcio, che è chiara e semplice, come succede alle idee giuste: le altre, quelle troppo complicate, non funzionano nel calcio, non funzionano nella vita. Lui è arrivato all’improvviso di martedì e nessuno se lo aspettava, tanto meno lui e la prima partita che gli è capitata è stata quella contro l’Inter e sapete come l’ha preparata e vinta. Poi è arrivata l’Atalanta ma dopo che per una settimana gli son piovuti addosso da ogni dove, dal Nord e dal Sud, peana ed elogi travolgenti. Da perderci la testa. Ma non è successo né capiterà mai, perché Devis è un “lumbard” serio e concreto, vive di lavoro faticato, prove e controprove, non si lascia irretire dalle sirene, lui è abituato a conquistarselo il suo spazio e non lo sprecherà di certo. Sputerà sangue per difenderlo, anche perché conosce già tutte le insidie che troverà per strada e le affronterà com’è giusto: a viso aperto. Come fa e farà sempre il suo Palermo. Anche nelle giornate grigie, come quella di ieri allo “Stadio Azzurri d’Italia” di Bergamo.