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IL PALERMO RESTA AL PALOALLO STADIUM E RIGOROSAMENTE JUVENTUS

di Leandro Ficarra Un rigore fin troppo generoso concesso alla Juventus dall’arbitro Romeo in apertura di ripresa ha mortificato oltremodo la prestazione attenta e generosa di un Palermo.

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di Leandro Ficarra Un rigore fin troppo generoso concesso alla Juventus dall’arbitro Romeo in apertura di ripresa ha mortificato oltremodo la prestazione attenta e generosa di un Palermo che al cospetto dei neo campioni d’Italia avrebbe certamente meritato miglior sorte. L’assegnazione del penalty in occasione del contatto veniale tra Donati e Vucinic ha sorpreso perfino gli uomini di Antonio Conte, in virtù del chiaro metro di giudizio di matrice anglossassone adottato dal direttore di gara veronese. Su un lancio di Pogba, il montenegrino, spalle alla porta ed in condizione di inesistente pericolosità, addomesticava la sfera con il petto e si lasciava cadere su un normale body-check di Donati che prendeva posizione: rigore e trasformazione decisiva di Vidal. Decisione a dir poco discutibile in termini assoluti, incomprensibile nel contesto di un match dall’impronta palesemente maschia. Un’impronta impartita proprio dalla tolleranza di Romeo che ha sorvolato su contrasti ben più energici, al limite del fallo, lasciando molto giocare. La squadra di Sannino lascia lo Juventus stadium con l’amaro in bocca. Nonostante l’oggettiva e netta superiorità tecnico-tattica della formazione bianconera. Il Palermo ha complessivamente tenuto bene il campo, si è difeso con ordine, ha lottato e sofferto. Dopo i primi dieci minuti in cui pareva sul punto di essere travolta dall’intensità e dalla qualità bianconera, la formazione rosanero ha riordinato le idee tenendo dignitosamente il campo. È riuscita a restare corta e compatta, facendo buona densità nella propria metà campo, limitando gli interspazi centrali per le eventuali imbucate di Pirlo e Pogba, raddoppiando spesso su Marchisio e Vidal ed arginandone gli inserimenti. L’undici di Sannino ha sofferto molto solo sulle corsie esterne: Nelson, inadeguato in fase di non possesso, è stato asfaltato da Asamoah, Garcia ha duellato come ha potuto con un big del ruolo come Lichsteiner, crescendo molto alla distanza. Un baricentro a tratti troppo basso e le precarie condizioni fisiche di Miccoli ed Ilicic rendevano vano ogni abozzo di ripartenza. Il centrocampo di Conte ha la stessa cattiveria sia in fase d’impostazione che di riconquista della sfera, il trio difensivo Barzagli-Chiellini-Bonucci accorciava bene, divorando agevolmente gli avanti rosanero. Dopo un’ora di partita i rischi per Sorrentino erano stati praticamente minimi, anzi era stato Buffon a tremare su un destro incrociato di Miccoli, deviato da Chiellini, che ha timbrato il palo. Poi quel rigore che ha spaccato la partita, mutandone risultato ed inerzia psicologica e, di fatto, decidendola. Una volta in svantaggio, Sannino ha richiamato in panchina nell’ordine Miccoli, Ilicic e Rios inserendo Hernandez Dybala e Faurlin. I rosa si schierano con un 3-4-3 e tentano il disperato assalto finale esponendosi alle ripartenze juventine. Il subentrato Quagliarella scuote la traversa con un destro dai venti metri, Pogba prima esalta i riflessi di Sorrentino, poi si fa espellere per un deprecabile sputo in seguito ad uno screzio con Aronica. Gli uomini di Sannino cercano il pari con le residue energie fisiche e nervose. Abel sfiora il palo con un sinistro a giro dal limite, quindi in pieno extra time, Faurlin si trova sul sinistro la più comoda delle occasioni sull’ultima palla gettata nel mucchio, ma incredibilmente la calcia debolmente in bocca a Buffon. Un trailer in extremis che sembrava ricalcare alla perfezione il film del derby contro il Catania ma purtroppo questa volta il finale è stato diverso. La Juventus festeggia nella bolgia dello stadium il secondo scudetto consecutivo, il Palermo torna terzultimo e mastica amaro. La sconfitta contro la corazzata di Conte era un risultato teoricamente in preventivo, ma per come è maturata è certamente molto pesante da digerire. Resta la sensazione di una squadra volitiva, compatta, determinata. Un gruppo che tra limiti strutturali, cattiva sorte, sviste arbitrali, continua a restare vivo nell’animo e nella testa. Sannino ed i suoi non vogliono smettere di crederci, non vogliono perdere il treno della serie A. Mercoledì al “Barbera” arriverà l’Udinese. Quella sì, sarà davvero l’ultima fermata.