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LA BIOGRAFIA DI COSMI: DALLA NASCITA AI PRIMI CALCI AL PALLONE, DAL LEGAME COL PADRE ALLA VITA DA ULTRÀ

Di Francesco Caruana Prima puntata del viaggio alla scoperta del passato di mister Cosmi. Storie, aneddoti e curiosità tratti dall’autobiografia “L’uomo del fiume - La mia.

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Di Francesco Caruana Prima puntata del viaggio alla scoperta del passato di mister Cosmi. Storie, aneddoti e curiosità tratti dall’autobiografia “L’uomo del fiume - La mia vita, il mio calcio” (Baldini Castoldi Dalai editore, 2004). IL NOME SERSE - Quando si racconta la vita di un personaggio famoso, può essere utile partire dal nome di battesimo. Nel caso di Cosmi poi, diventa quasi d’obbligo. Precisiamo subito che la scelta non ha niente a che vedere con il famoso re di Persia che visse circa 2500 anni fa. Il futuro allenatore del Palermo fu chiamato così in onore di Serse Coppi, fratello del grande ciclista Fausto, morto tragicamente in un incidente stradale tra la sua bicicletta e un tram. Il padre di Serse Cosmi, Antonio, era un grande fan di Fausto e quando seppe la notizia gli scrisse una lettera promettendogli di chiamare così il figlio che la moglie aspettava in onore del fratello scomparso. Coppi rispose a quella lettera ringraziandolo del bel gesto e quel pezzo di carta con l’autografo del campione diventò in casa Cosmi un cimelio di cui andare orgogliosi. Il caso volle però che dal pancione della signora Iole vennero fuori due gemelle, Annarita e Guglielma. Poco male, pensò Antonio: la cosa era solo rimandata. Il 5 maggio 1958 nacque il piccolo Serse Cosmi. D’altronde si sa, ogni promessa è debito. ANTONIO COSMI, UNO SPORTIVO VERO – Il padre del piccolo Serse era un grande appassionato di sport: calcio, ciclismo, boxe e pallacanestro erano il suo pane quotidiano. Il signor Antonio era l’allenatore della squadra di calcio della Polisportiva Pontevecchio, militante nella Promozione umbra. Il sogno era portare quella squadra, di cui Serse conosceva tutti i giocatori, in serie D. Ma nello stesso campionato giocavano squadre molto più forti e quindi il signor Antonio non riuscì a realizzare questo sogno. Quando, all’età di 51 anni, un infarto se lo portò via, Serse giocava negli Allievi della Pontevecchio e promise a se stesso e al suo adorato padre di portare un giorno la Pontevecchio in serie D, da giocatore o da allenatore. Ci riuscì nel 1992, proprio sulla panchina in cui tanti anni prima sedeva il signor Antonio. Come dicevamo, ogni promessa è debito. GLI INIZI E LA CARRIERA DI CALCIATORE - A pagina 19 della sua autobiografia, Serse scrive: “Il pallone, il gioco del calcio, è nato con me”. Certamente il padre Antonio giocò un ruolo decisivo, ma i suoi primi calci al pallone Serse li diede, come tutti i bambini della sua età, per strada. Erano gli anni ’60, e Serse e i suoi amichetti quando potevano si precipitavano in Via del Castellaccio a giocare a pallone. La partita era sempre quella, Inter-Juventus. Da una parte Facchetti, Mazzola e Suarez e dall’altra Leoncini, Salvadore e Del Sol. Serse preferiva giocare nell’Inter ed impersonava Mariolino Corso, trequartista vecchio stampo. L’esordio nella prima squadra della Pontevecchio avvenne a 16 anni, con il numero 10 sulle spalle: Serse giocò ala destra e la partita finì 2-2. Seguirono altre 14 partite in quella stagione, poi il passaggio alla Ternana e l’aggregazione alla Primavera. L’allenatore era Omero Andriani, definito da Serse nel suo libro il suo vero maestro, l’allenatore a cui si ispira. Non a caso, il modulo preferito da Andriani era il 3-5-2, divenuto il marchio di fabbrica delle squadre allenate da Serse. Dopo un infortunio Serse si riavvicinò a casa e giocò in varie squadre tra Promozione e Prima Categoria, concludendo la carriera a 28 anni nella Pontevecchio a causa di una lesione al legamento del ginocchio. Un cerchio che si chiude, per una carriera iniziata e finita nella “sua” squadra. SERSE LULTRÀ - Ma la vera squadra del cuore di Serse è il Perugia. Quando poteva, il ragazzo non si perdeva una partita dei Grifoni: si occupava di montare e smontare striscioni e non faceva mai mancare il suo appoggio alla squadra. Insomma, ciò che oggi potremmo definire un ultrà. Quando Serse iniziò la sua carriera da calciatore non potè più seguire la squadra assiduamente, ma rimase comunque legato alla tifoseria organizzata e quando il calendario glielo permetteva seguiva il Perugia, in casa e in trasferta. Era allo stadio durante Perugia-Juventus del 30 ottobre 1977, quando Renato Curi morì in campo all’età di 24 anni per un arresto cardiaco.