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Catania: Librino il riscatto dei Briganti, la storia del quartiere catanese attraverso il calcio

Catania: Librino il riscatto dei Briganti, la storia del quartiere catanese attraverso il calcio

Oggi all'interno della Gazzetta dello Sport, si racconta la storia di Librino, uno dei quartieri più difficili di Catania che mostra un lato di sé diverso dai soliti stereotipi..

Mediagol8

Oggi all'interno della Gazzetta dello Sport, si racconta la storia di Librino, uno dei quartieri più difficili di Catania che mostra un lato di sé diverso dai soliti stereotipi. Mediagol.it vi riporta uno stralcio dell'inchiesta della rosea. "Sul quel campo, quasi in cima alla collina di San Teodoro, un tempo scorrazzavano le lepri. Librino, “u’ quatteri Libbrinu”, oggi ospita 80.000 abitanti, più di metà dei capoluoghi di provincia italiani. Costruita negli Anni 70 per essere una città satellite, con viali ampi, case moderne, verde, con un progetto (mai completamente realizzato) di Kenzo Tange, archistar giapponese. La situazione, dopo quarant'anni, non è quella sognata: strutture abbandonate, criminalità, spaccio di droga in ogni angolo anche non troppo nascosto del quartiere. Eppure c’è chi tiene alta la testa e combatte, coraggiosamente. Sul campo in cima alla collina di San Teodoro, dei ragazzi giocano a rugby, nel fango. Sono i Briganti di Librino. "Sì, Briganti – spiega Piero Mancuso, responsabile dell’area tecnica della società – per ricordare una figura che ha connotazioni romantiche. E’ vero che noi abbiamo occupato un impianto pubblico realizzato coi soldi dei contribuenti, che era stato abbandonato, ma lo abbiamo fatto per ridarlo alla comunità". La struttura di San Teodoro era stata pensata per l’Universiade 1997, poi gli sport che dovevano andare in scena a Librino sono stati trasferiti altrove; le due palestre e il campo sono rimasti lì preda di chi li poteva sventrare per vandalismo o per rubare tutto: anche i cavi elettrici. Abbiamo chiesto per anni di utilizzarlo – riprende Mancuso – ma il Comune non ci ha risposto neppure quando abbiamo raccolto 7000 firme. Dal 1995 facciamo attività coi ragazzini attraverso il centro intitolato a Iqbal Masih, un ragazzo pakistano assassinato dalla mafia dei tappeti perché lottava per i diritti dei bambini-lavoratori. Così il 25 aprile del 2012, una data scelta apposta per il suo significato, abbiamo occupato l’impianto. Più di 100 volontari si sono messi all’opera e in un paio di mesi era agibile".